Un treno per Auschwitz by Caroline Moorehead

Un treno per Auschwitz by Caroline Moorehead

autore:Caroline Moorehead
La lingua: ita
Format: azw3, epub
Tags: Storico
ISBN: 9788854166103
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2016-05-19T05:00:00+00:00


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Già al loro arrivo a Birkenau era chiaro che non tutte le donne del convoglio francese sarebbero sopravvissute, che non tutte ne sarebbero state in grado o avrebbero scelto di farlo. Sui volti di alcune si era impresso uno sguardo di morte. Per certune lì c’era qualcosa di troppo degradante, troppo oltraggioso da sopportare. Usare le latrine significava sguazzare tra gli escrementi e accovacciarsi su una lunga fogna a cielo aperto, cercando di non cadervi dentro. Abituate all’ordine e alla prevedibilità, non avevano né la forza, né il desiderio di adeguarsi a un mondo le cui regole apparivano tanto arbitrarie e barbare.

Le prime a morire furono le più anziane, ma di che cosa, esattamente, oltre che per il trauma subìto, sarebbe difficile dirlo. Marie Gabb, che era stata in alcune reti della Resistenza nei pressi di Tours, morì al suo primo giorno a Birkenau, persino prima dell’appello. Poco dopo, al secondo appello, Léona Bouillard scivolò a terra; nel cercare di sollevarla, le vicine si accorsero che era morta. Léona aveva cinquantasette anni, veniva dalle Ardenne ed era benvoluta dalle più giovani per i suoi modi gentili; la consideravano la loro nonna e la chiamavano Nonna Bouillard. Quattro altre detenute riportarono il suo corpo alle baracche.

Fu poi la volta della cinquantenne Léa Lambert, che aveva offerto rifugio ai prigionieri in fuga dalla Germania. Quindi di Suzanne Costentin, un’insegnante amica di Madeleine e di Germaine, arrestata per aver scritto un opuscolo sugli uomini fucilati per rappresaglia, che fu picchiata da una guardia in modo tanto violento da riportare ferite su tutto il corpo. Suzanne morì con le dita delle mani e dei piedi talmente piene di geloni e cancrena da non riuscire più a salire sulla cuccetta. Yvonne Cavé – i cui genitori gestivano una coltivazione di funghi e la cui unica colpa sembrava essere stata di aver inveito contro un giovane francese che si pavoneggiava nella sua nuova uniforme da volontario nazista – morì perché durante la notte qualcuno le rubò le scarpe. Costretta ad andare a piedi nudi all’appello del mattino, che quel giorno fu particolarmente lungo, le vennero i geloni. Nel corso della giornata le gambe le si gonfiarono sempre di più e perì al calare della sera.

Né Antoine Bibault, né Jeanne Hervé, né Lucienne Ferré – le tre sospette délatrices, che si riteneva avessero dato informazioni sulla Resistenza – sopravvissero a lungo. Ostracizzate dal gruppo, rimasero presto indifese. Tanti anni dopo, alla domanda perché fossero decedute così presto, Cécile rispose soltanto: «Morirono. Tutto qui». Sapendo di non avere molto da vivere, Lucienne disse a Hélène Bolleau: «Bene, ho avuto solo quello che meritavo». Aveva vent’anni.

Una mattina, quando le donne del convoglio francese erano a Birkenau da circa una settimana, l’appello prese una forma leggermente diversa. In un tono sorprendentemente pacato, un medico delle SS chiese se tra loro ci fosse qualcuna che si sentiva troppo fragile per quei lunghi appelli e preferisse evitarli. Magda, la kapò ceca del blocco 14, che alle altre prigioniere cominciava a



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